
Ottima cosa se, ad esempio, ci si trova su un’isola delle Andamane che sta per essere rasa al suolo da uno tsunami e si sta facendo un pisolino, venendo svegliati e salvati dal messaggio di un'amica a 9000 km di distanza (pura autobiografia, ve la racconterò forse un giorno). Un po’ meno se ci si sta scofanando un chilo di frittura e due bottiglie di Sauvignon e arriva un messaggio in diretta che annuncia la scomparsa di un dei più grandi attori viventi. Ora non più. E’ morto Philip Seymour Hoffman, accidenti. Che amarezza, era così bravo. Avrebbe potuto fare cose enormi, anche più di quelle che aveva fatto. Era così simpatico e gioviale, con quella faccia rubizza che poteva trasformarsi in qualunque cosa. Era geniale. Me lo ricordo stropicciato ed emozionato a Venezia nel 2012 che ritirava la Coppa Volpi per il suo ruolo straordinario in “The Master”, ex-aequo con Joaquin Phoenix. Quanto ci mancherà. L’ho pensato e avrei pensato anche di leggerlo in rete quando mi sono connessa poche ore dopo. Invece no, o meglio, non solo. Pare che per tanta gente il problema fosse la causa della morte: overdose.
Ora, io personalmente pensavo che fosse finito negli anni Ottanta il tempo del moralismo da oratorio, l’additare la deboscia sconsiderata che pervade il mondo dello spettacolo dove tutti si drogano, fanno figli in giro e poi non li guardano, cambiano sempre il colore di capelli e fanno le plastiche. Un grande attore muore a 46 anni e invece di soffermarci a considerare la perdita artistica, siamo ancora qui a dire che chi si droga è egoista/annoiato/pervertito/incosciente? Che l’eroina fa male? Che le persone reali lavorano otto ore al giorno, fanno fatica a pagare l’affitto, vanno a fare la spesa al Lidl e quindi non hanno tempo di drogarsi? Che la vera felicità sta nella vita semplice e chi ha tutto poi non si accontenta di niente? (L'ipocrisia autoconsolatoria più triste del nuovo millennio. Come a dire che la terza età è quella più bella).
Eppure non mi pare che i tamarri che si impasticcano in discoteca, la gente che si cala di MDMA, i muratori che tirano di coca o, molto più banalmente, lo spropositato numero di persone alcolizzate che c’è in giro, abitino tutti a Bel Air. E soprattutto, argomentazioni del genere sono rilevanti se sei Alfonso Signorini. Altrimenti, scusate, chissenefrega? La verità è che Philp Seymour Hoffman non ci regalerà più performance eccezionali: che differenza fa che sia caduto dalla bici o si sia fatto una pera di troppo? Per un attimo, leggendo le castronerie virtuali su quanto sia fuori luogo morire di eroina nel 2014, mi è sembrato di essere tornata bambina nella piazza del mio umile paesello di 5000 anime. Quando scompariva qualcuno di droga o AIDS – non si sapeva mai con certezza – la gente mormorava che se l’era cercata, che si sapeva avrebbe fatto una brutta fine. E io già all’epoca trovavo questi commenti incredibilmente stupidi e superficiali: mi chiedevo come potesse quella gente giudicare la storia di una persona che non conoscevano.
Adesso siamo all’epoca del web 2.0. ma la gente non cambia, anzi: dalla propria panchina virtuale osserva il mondo, scuote la testa, sentenzia. E continua a non capire niente, pensando di capire tutto. Sentenziando che il segreto della felicità sta nelle piccole cose di tutti giorni (quindi immagino che se vincessero al Superenalotto devolverebbero tutto ai poveri) e facendo la morale a un artista che magari non conoscevano nemmeno. (Che poi, mi vien da dire, almeno lui ha fatto grandi cose nella sua breve vita...).
Philip perdonali, essi non sanno quello che dicono. Per me sarai sempre un grande Maestro. "E se trovi il modo di vivere senza servire un maestro, qualunque maestro, allora vieni qui a raccontarcelo, va bene? Perche' saresti la prima persona nella storia del mondo."