
C’erano una volta i gloriosi anni ’80, quando omaccioni anabolizzati come l’Omino dei Marshmallow e più scintillanti dei vampiri di Tuailaiz si facevano largo nel mondo al dolce suono delle granate e dei bazooka, facendo esplodere edifici con la stessa disinvoltura con cui voi fate scoppiare il pallone di Big Babol e incendiando automobili così, per hobby. Era il regno di Sly, Schwarzy e Bruce Willis, con le loro facce immutabili e i loro sguardi granitici, i bicipiti pulsanti come piovre appena pescate e la battuta pronta, più letale del grilletto.
Nella foto: Sly combatte strenuamente contro l'avversario più temibile: la demenza senile.
Sono passati trent’anni e lo Spaccatutto è tornato di gran moda, a dimostrazione scientifica del fatto che il cervello umano medio possiede una struttura unicellulare. E con lui sono tornati alla ribalta i suoi interpreti-simbolo, ormai settantenni ma restii a dedicarsi a passatempi più consoni alla loro età, come fare l’orto e giocare alla briscola chiamata. Sly, Schwarzy e Bruce Willis continuano a pomparsi le piovre bicipitali, a colare unto dai deltoidi come giganteschi Bratwurst e a picchiare, sparare, fare esplodere, detonare, incendiare qualunque ammasso di materia abbia la sventura di incrociare il loro baldanzoso cammino.
Dopo il ritorno di Schwarzy in The Last Stand e di Bruce Willis con Die Hard 5 – La reversibilità è la volta di Sly che rientra prepotentemente in scena con Jimmy Bobo, storia di un killer dal cuore d’oro. La trama: Sly spara a un mucchio di gente per novanta minuti e spacca tutto, intervallando la devastazione con battute salaci e occhio da Filetto di Platessa Findus. Ma la cosa veramente inquietante di questo film sono i venoni del collo di Stallone. Ogni volta che gonfia i pettorali, che flette i muscoli per fare a pezzettini il malefico di turno, che impugna armi da fuoco di vario calibro, il suo collo taurino si gonfia come un cucchiaio di cuscus in acqua tiepida, assume una curiosa sfumatura di rosso carminio e le sue disgustose vene prendono a pulsare all’impazzata.
Ora, Stallone ha sessantasette anni. A quest’età le persone in genere vanno in vacanza ad Albisola, praticano come sport lo Scaccolamento Individuale da Salotto e la droga più interessante che assumono sono i diuretici per combattere la prostatite. Stallone invece mangia pane e steroidi, denocciola crani come fossero olive taggiasche e deve mettersi le camicie Collofit come Maurizio Costanzo per contenere l’esuberanza muscolare del gozzo.
Sembra scoppiare, di ormoni e di salute, ma quello che temo maggiormente è che siano le sue vene a essere sull’orlo del collasso. Caro Sylvester Gardenzio, dammi retta: smetti di doparti. Non hai più l’età per certe cose, lascia spazio ai giovani come Vin Diesel e The Rock (45 e 41 anni), insegna loro la fine arte di spaccare tutto ammantandoti di ascetismo come il Maestro Pai Mei. Lo dico per il tuo bene!
Ma se proprio il Caos regnasse selvaggio in te e tu continuassi a sentire quella voce che ti intima di distruggere e ammazzare tutto quello che vedi intorno a te, se la brama di sparare, trucidare, bombardare si fosse impossessata di te e non ti desse tregua, costringendoti ad allenarti fino allo sfinimento, a ingurgitare chili di anabolizzanti, a lucidare con la cera d’api il tuo fisico possente… la prossima volta che fai un film, per favore, indossa un maglioncino dolcevita.