
innanzitutto volevo ringraziarti a nome di tutti i giovani italiani per esserti unito al coro degli illuminati che, da Mario Monti alla Fornero, si sono sentiti in dovere di pontificare sulla nostra situazione, non esattamente tra le più rosee del panorama internazionale. C’è da dire che almeno loro sono vecchi, brutti e rosiconi (me li immagino a picchiare con il manico della scopa sul soffitto per tacitare i festeggiamenti al piano superiore, come Rocco Tanica nel video di Tapparella): tu nemmeno quello.
Grazie caro John, per averci insegnato che con la fatica e il sudore della fronte si ottengono grandi risultati, che impegnandosi e facendosi valere per i propri meriti si può ancora compiere la scalata sociale, da impiegato dell’Ufficio Sinistri alla scrivania dirigenziale con poltrona di pelle umana, serra di piante di ficus e acquario dipendenti. Per averci dimostrato, con il tuo fulgido esempio, che il nepotismo in Italia non esiste: infatti Tu, che ti sei pagato gli studi in America andando a friggere patatine da McDonald’s e dando ripetizioni a tuo fratello Lapo, sei riuscito laddove noi pigri e lamentosi falliamo ogni giorno. Facendoti notare per le tue grandi capacità sei riuscito a sbaragliare la concorrenza e a ritrovarti, a soli 21 anni nel CDA della FIAT, mentre noi sciamannati pensavamo ancora alle gare di rutti. A 28 anni io stavo scrivendo faticosamente la mia tesi di dottorato senza borsa di studio, dovendo inventarmi improbabili lavori per pagarmi l’affitto, mentre tu alla stessa età venivi nominato amministratore delegato: del resto John, non tutti possono nascere con il tuo immenso talento per gli affari.
Pensa, ad esempio, che io ho cominciato a lavorare durante gli anni dell’università, per illudermi di poter arrivare presto a mantenermi autonomamente: ho fatto ripetizioni, lavoretti estivi, traduzioni malpagate. Ho vinto una borsa di studio per un semestre negli Stati Uniti, ho condiviso case con ogni sorta di individuo subumano e con mostri chimici generati dalle altrui sporcizie. Mi sono laureata in Filologia Moderna – me la sono indubbiamente cercata - e poi sono tornata in America per fare uno stage, non pagato, in un organo governativo italiano. Non è servito a niente. Ho vinto un dottorato senza borsa e ho cominciato a saltare da un lavoro pagato con ritenuta d’acconto all’altro: ho fatto l’ufficio stampa, l’insegnante di inglese, l’operatore per i cassintegrati, il traduttore, l’organizzatrice di eventi, la selezionatrice di curriculum, la redattrice, l’aiuto-regista, la blogger, l’insegnante di italiano per stranieri.
Ho vissuto nel frattempo in 3 monolocali, pagando tra i 200 e i 350 euro al mese di affitto, più spese varie: nel primo di questi non avevo neanche il riscaldamento. Certo, a casa di mamma si sta decisamente meglio, pensa che la temperatura a volte arriva ADDIRITTURA a 20 gradi.
A tutt’oggi lavoro per diversi soggetti che mi pagheranno in ritenuta, forse, un giorno, oppure in mance della nonna. Non ho una macchina e decido una settimana prima di partire se posso pagarmi le vacanze, naturalmente low cost. Per la gloria, lavoro anche per soggetti che non mi pagano proprio, ma nei cui progetti mi piace illudermi di credere. Nonostante i miei 4 lavori non pagati, trovo il tempo di mandare 3 o 4 curriculum a settimana ma sai, John, ultimamente molti siti e motori di ricerca dedicati chiedono di PAGARE per trovare lavoro. Soggetti tipo LinkedIn Premium, Infocity, MediaMatch. Un'altra valida opzione per accedere al mercato del lavoro è COMPRARSI uno stage in una grande azienda attraverso un Master universitario dal costo di 10-20.000 euro. E noi che pensavamo che lavorare fosse un DIRITTO!
Hai proprio ragione John, noi giovani siamo pigri e stiamo bene in casa di mammà, spaparanzati sul divano mentre i nostri genitori in divisa da lacchè e possibilmente con la faccia dipinta di nero, ci preparano lo stufato e ci lucidano le scarpe. Fuori, c’è un mondo di offerte di lavoro ma è molto più conveniente lamentarsi della crisi e ignorarle, così possiamo dormire fino a tardi e abbiamo una scusa per non sposarci.
Comunque, niente, John, io in settimana faccio un salto al centro per l’impiego a portare il curriculum, così, tanto per non poter dire di non aver fatto niente, e poi ritorno sul divano. Dato che immagino tu sappia dove sia, perché ci sarai stato tantissime volte, se vuoi accompagnarmi, fammi un fischio.