
Tutti noi, nella vita, abbiamo avuto una fase di frequentazione più o meno lunga e intensiva del bar. Specialmente per chi come me viene dalla provincia più ignorante e desolata, il bar rappresenta spesso l’unico punto di ritrovo, la sola oasi di socialità nel nulla dilagante. Naturalmente, il bar del paese, per essere tale, deve essere assolutamente BRUTTO.
Nel mio paese c’erano, e ci sono tuttora, un cospicuo numero di bar orrendi, compreso il Bar Sport, sì, proprio come quello di Stefano Benni, con l’immutabile vetrina delle paste in gesso e la clientela fissa avvitata agli sgabelli.
Nei bar brutti ho conosciuto ogni sorta di tremendo personaggio subumano, imparando fin dalla più tenera età che il mondo è bello perché è AVARIATO.
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Nel mio paese c’erano, e ci sono tuttora, un cospicuo numero di bar orrendi, compreso il Bar Sport, sì, proprio come quello di Stefano Benni, con l’immutabile vetrina delle paste in gesso e la clientela fissa avvitata agli sgabelli.
Nei bar brutti ho conosciuto ogni sorta di tremendo personaggio subumano, imparando fin dalla più tenera età che il mondo è bello perché è AVARIATO.
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