Viviamo in una casa dai forti avvicendamenti. Sono arrivato qui cinque anni fa, e sono ormai il patrono, il senatore, il coinquilino anziano. Gli altri coinquilini vengono da me perché legga presagi nelle birre esplose nel freezer.
Una casa in cui pensi di essere di passaggio, anche se per tre, cinque, dieci anni, non è casa tua. E' un posto dove poggi il capo la sera, in attesa del domani. I turni delle pulizie, sia che siano appesi sul frigo o nelle testa dei coinquilini, sono un'incombenza da svolgere il più velocemente possibile. E così l'angolo in cui i vecchi coinquilini in effetti non toglievano ma verso cui spingevano lo sporco pian piano diventa nero, si allarga, acquista una consistenza simile al cemento, e tutti noi coinquilini successivi, per cui pulire è parimenti una scocciatura e un'incombenza, crediamo (vogliamo credere) che sia cemento, e non chissachè.
Eppoi viene un fine settimana d'agosto in cui non hai veramente un cazzo da fare. In cui praticamente tutti quelli che conosci sono al paesello, o in Sardegna, o in Birmania. E allora, mentre stai perdendo tempo sul tablet, sdraiato sul letto come un coglione, sulla porta della tua stanza si affaccia il tuo coinquilino, ed ha un sorriso satanico sul volto e dice:
"Puliamo casa.".
E così ti ritrovi a smontare i mobili della cucina e a lavarli in balcone, mentre un coinquilino prima dichiara mesto che lo sporco sulle mattonelle della cucina ha vinto, e poi esaltato declama l'innegabile superiorità del CIF su tutte le altre invenzioni dell'umanità.
Affrontiamo anni di incurie. Sacrifichiamo il poco tempo settimanale che potremmo dedicare allo sfregamento dell'area genitale per sfregare mensole e interstizi tra la ceramica. Come tutte le cose importanti, è vana ed eroica.
Finisce il sabato. Siamo riusciti a fare la cucina. Partita e film su internet, e domenica si ricomincia.
Dormo troppo, domenica. Quando mi sveglio, il coinquilino-tigre sta già aggredendo il bagno.
E' qualcosa di incredibilmente catartico, tutto ciò. E' smettere di fingere di non vedere quello che è sotto i nostri occhi costantemente e deve essere cambiato.
Strofiniamo. Raschiamo. Lanciamo liquidi idraulici in condutture sinuose. "lo spostiamo il mobile e puliamo dietro?" Sì.
Niente viene tralasciato.
Il terzo coinquilino torna dalle vacanze troppo presto. Noi siamo in una situazione intermedia. Il corridoio è oieno di ciò di cui tutte le altre stanze sono vuote. Detersivi, tavoli, bicchieri.
Lo rabboniamo e spieghiamo. Gli facciamo capire che la piastra della cucina in corto circuito e il tubo che perde nel bagno sono sacrifici necessari ad un bene superiore. Come gli zombi lo convertiamo. Spazza il corridoio.
E poi arriva lui, il genio della lampada, il deus ex machina, ciò che salva tutto, quando tutto è perduto.
L'acido muriatico
E le mura di Gerico crollano. E le incrostazioni difficili si sciolgono. E tutto torna allo stadio iniziale, e le mattonelle tornano al loro eden, e l'universo della nostra casa torna ad essere come era quando era appena creato.
Buttiamo più volte il nostro peso, in numerosi viaggi verso lo scantinato del condominio. Trasformiamo una nicchietta all'ingressa da un luogo per martelli e bollette in una libreria chic, con tanto di sveglia incorporata.
E io passo il resto della settimana a raccontare a colleghi disinteressati che grande impresa abbiamo compiuto.
E mi viene in mente una frase detta da una samurai, e raccolta in un libro che si chiama Hagakure.
.Di certo non c'è altro che il particolare scopo del momento presente, tutta la vita di un uomo è fatta di momenti che si susseguono, chi sa comprendere pienamente il momento presente, non dovrà fare altro, ne dovrà porsi altri scopi.