
Belle le luci.
Se frequentate i teatri lo sapete. Se non li frequentate vale anche per gli amici che mettono su casa. Per il vicino che apre il negozietto della vita. Ecc.
Non dite mai. MAI. MAI. Non dite “Belle le luci” (anche nelle varianti “Che casa/negozio luminoso” e “Che bella illuminazione”). Se state a guardare le luci, e non siete un designer di Artemide, vuol dire che il resto vi fa cagare. E il vostro interlocutore lo sa. Sempre che non sia un designer di Artemide, ok. La luce è importante, ma solo quando illumina qualcosa. In teatro perché se c’è luce e non ci sono gli interpreti potete richiedere indietro il biglietto. A casa perché se c’è un lampadario coi pendaglietti di cristallo e seicento candele, ma non ci sono cose su cui far sedere gli ospiti, gli ospiti se ne vanno, e fanno bene. Nel negozio della vita perché se non c’è niente da vendere il negozio il vicino lo chiude dopo venti minuti.
“Belle le luci”, se non siete Bob Wilson (http://robertwilson.com/) rimane un’espressione molto raffinata per dire che nel corso dello spettacolo avete passato il tempo a togliervi la lanetta dall’ombelico, avete fatto la lista della spesa e avete preso in considerazione l’idea di un weekend sul Lago d’Orta confrontando i prezzi sul vostro telefono tecnologico.
Ho conosciuto una donna che è un genio nel creare espressioni tornite per far credere all’interlocutore di essere Dio in terra e smontarlo contemporaneamente. Io di solito mi pianto in faccia un sorriso fintissimo e scappo dicendo che perdo l’ultima metro. Il problema è che l’ultima volta che l’ho fatto ero a una pomeridiana.
Se frequentate i teatri lo sapete. Se non li frequentate vale anche per gli amici che mettono su casa. Per il vicino che apre il negozietto della vita. Ecc.
Non dite mai. MAI. MAI. Non dite “Belle le luci” (anche nelle varianti “Che casa/negozio luminoso” e “Che bella illuminazione”). Se state a guardare le luci, e non siete un designer di Artemide, vuol dire che il resto vi fa cagare. E il vostro interlocutore lo sa. Sempre che non sia un designer di Artemide, ok. La luce è importante, ma solo quando illumina qualcosa. In teatro perché se c’è luce e non ci sono gli interpreti potete richiedere indietro il biglietto. A casa perché se c’è un lampadario coi pendaglietti di cristallo e seicento candele, ma non ci sono cose su cui far sedere gli ospiti, gli ospiti se ne vanno, e fanno bene. Nel negozio della vita perché se non c’è niente da vendere il negozio il vicino lo chiude dopo venti minuti.
“Belle le luci”, se non siete Bob Wilson (http://robertwilson.com/) rimane un’espressione molto raffinata per dire che nel corso dello spettacolo avete passato il tempo a togliervi la lanetta dall’ombelico, avete fatto la lista della spesa e avete preso in considerazione l’idea di un weekend sul Lago d’Orta confrontando i prezzi sul vostro telefono tecnologico.
Ho conosciuto una donna che è un genio nel creare espressioni tornite per far credere all’interlocutore di essere Dio in terra e smontarlo contemporaneamente. Io di solito mi pianto in faccia un sorriso fintissimo e scappo dicendo che perdo l’ultima metro. Il problema è che l’ultima volta che l’ho fatto ero a una pomeridiana.