
Orfana di madre, con un padre “inetto sveviano” senza personalità, l’adolescente Sandra si ritrova ad affrontare la vita priva di punti di riferimento, morbosamente attaccata al ricordo materno. Cenerentola ai tempi dello smartphone, vittima di due sorellastre fashion-addicted e di una matrigna ossessionata dall’idea di invecchiare: va in scena il testo del francese Joël Pommerat, per la regia di Sandro Mabellini.
Appare subito evidente che non si tratta di una favoletta: i momenti di comica ferocia si alternano allo svisceramento di temi complessi (la superficialità del nostro tempo, il culto del corpo, il rapporto con gli affetti scomparsi e, soprattutto, l’incapacità di affrontare la realtà per quello che è), tra figure mostruosamente contemporanee e fragilità che ci riguardano un po’ tutti.
Provocatorio e dissacrante, Cenerentola non patisce più di tanto i limiti di una messinscena low cost, grazie soprattutto a un cast molto convincente. Valentina Cardinali è Sandra, la moderna eroina dalla zazzera arruffata costretta a lavorare come sguattera, schiava della memoria materna, unico affetto - presente nell’assenza - ad alleviare la sua profonda solitudine. La matrigna (Donatella Bartoli) sembra uscita da una rivista di Alfonso Signorini: troppo occupata a far notare al mondo che tutti la scambiano (o almeno, così lei dice) per la sorella delle sue due giovani figlie per poter fare la madre. Il padre di Sandra (Luca Stano, divertente anche nei panni del re bauscia) è un proto-nerd: occhiali spessi, voce flebile, sottomesso alla botulinica fidanzata, non riesce a prendersi cura della ragazzina e soffoca la frustrazione nel tabagismo compulsivo.
Menzione speciale per le due sorellastre: l’esilarante Sebastiano Bottari (che interpreta anche il timido Principe Azzurro), con tanto di byte sputacchiante, e la bravissima Irene Valota, anche nel ruolo della mamma scomparsa di Sandra e dell’esplosiva Fata vintage.
Gran finale, allegro ma non consolatorio, sulle note di Rocknroll Robot di Alberto Camerini.
Allo Spazio Tertulliano di Milano fino al 14 aprile.
Appare subito evidente che non si tratta di una favoletta: i momenti di comica ferocia si alternano allo svisceramento di temi complessi (la superficialità del nostro tempo, il culto del corpo, il rapporto con gli affetti scomparsi e, soprattutto, l’incapacità di affrontare la realtà per quello che è), tra figure mostruosamente contemporanee e fragilità che ci riguardano un po’ tutti.
Provocatorio e dissacrante, Cenerentola non patisce più di tanto i limiti di una messinscena low cost, grazie soprattutto a un cast molto convincente. Valentina Cardinali è Sandra, la moderna eroina dalla zazzera arruffata costretta a lavorare come sguattera, schiava della memoria materna, unico affetto - presente nell’assenza - ad alleviare la sua profonda solitudine. La matrigna (Donatella Bartoli) sembra uscita da una rivista di Alfonso Signorini: troppo occupata a far notare al mondo che tutti la scambiano (o almeno, così lei dice) per la sorella delle sue due giovani figlie per poter fare la madre. Il padre di Sandra (Luca Stano, divertente anche nei panni del re bauscia) è un proto-nerd: occhiali spessi, voce flebile, sottomesso alla botulinica fidanzata, non riesce a prendersi cura della ragazzina e soffoca la frustrazione nel tabagismo compulsivo.
Menzione speciale per le due sorellastre: l’esilarante Sebastiano Bottari (che interpreta anche il timido Principe Azzurro), con tanto di byte sputacchiante, e la bravissima Irene Valota, anche nel ruolo della mamma scomparsa di Sandra e dell’esplosiva Fata vintage.
Gran finale, allegro ma non consolatorio, sulle note di Rocknroll Robot di Alberto Camerini.
Allo Spazio Tertulliano di Milano fino al 14 aprile.