di Chiara Boscaro
Chi sei?
Giulia Tollis, 28 anni, italiana, drammaturga. Prima di partire per Berlino non immaginavo che la nazionalità di una persona potesse essere così importante, invece…
Da dove vieni?
Tarcento, “la perla del Friuli”. Quando a Berlino mi chiedono Woher kommst du?, rispondo dall’Italia, dal Nord-Est, non lontano dal confine con l’Austria e, allora, i tedeschi, sembrano capire. Prealpi Giulie, pioggia, gelsi in autunno come pugni chiusi verso il cielo, vino, sentieri, ciliegie a luglio per la sagra del Patrono.
Cosa fai?
Faccio l’ospite in un teatro di Berlino, Schaubühne am Lehniner Platz. Significa che da sei settimane seguo la produzione di uno spettacolo che debutterà nella prossima stagione. Assisto l’assistente del regista e intanto vedo come si lavora in uno dei teatri più importanti della città. Faccio la drammaturga a distanza per la compagnia milanese Teatro dei Gordi e, la drammaturga a chiamata, per altri gruppi indipendenti. Di tanto in tanto, leggo
e correggo testi di altri. Sono il capo di me stessa: libera e professionista.
Cosa fai per pagarti l’affitto?
Chiamo mio padre. Da contratto l’affitto si paga il 5 del mese, io, però, puntualmente, al 5 del mese di giugno, sto ancora aspettando il compenso del 5 del mese di maggio (dell’anno prima).
Gli svantaggi di essere i capi di se stessi.
Perché te ne sei andata a Berlino?
Per poter pagare l’affitto ogni 5 del mese facendo il mio mestiere. Quanti drammaturghi conoscete, in Italia, che si possono permettere uno stipendio onesto e puntuale? O forse la domanda è un’altra: quanti drammaturghi
conoscete? A Berlino, come in tutta la Germania, la drammaturgia è una professione. Non una passione. Il drammaturgo progetta, dispone, propone, impone. Gli attori lo conoscono e lo rispettano. Il regista lo conosce e lo rispetta. Le maestranze tutte lo conoscono e lo rispettano. Direziona le scelte artistiche di un teatro. Il suo nome compare in locandina e sul programma della stagione. Anche se il testo l’ha scritto qualcun altro. Un autore. Anche se l’autore è vivo, voglio dire. Esiste l’autore e esiste il drammaturgo. Il primo consegna un testo. Il secondo consegna un autore. Questo l’ho letto sui libri e l’ho sentito dire. Sono venuta qui ad accertarmi che sia vero.
Da lì, l’Italia come la vedi?
Dalla pagina online del Manifesto. Dai racconti degli amici su Skype. Da quelli, gli italiani, che arrivano qui sperando di trovare a Berlino la propria Eldorado. Vedo la necessità per la mia generazione di rimettere in discussione i pilastri su cui si fonda la nostra educazione: lavoro, casa, famiglia, e ancora, lavoro, casa, famiglia. Vedo che se non si fa della meritocrazia la regola e della fiducia abitudine, mia nipote, che oggi ha 15 anni, se la può scordare la possibilità di diventare quello che desidera.
Cos’è il teatro a Berlino?
E’ ausverkauft (tutto esaurito), è sottotitoli, per favorire la comunicazione, è biglietti agevolati per i disoccupati, è la birra che ti puoi portare in platea; è tanta carne al fuoco: è microfoni, è videoproiezioni, è danza, è performance, è testo, è senza testo, è polacco, francese, rumeno, ungherese, portoghese, belga, olandese, greco, cinese, africano… e italiano?
Hai quaranta parole per venderci il tuo prossimo progetto.
Voglio ideare e realizzare un tutorial per insegnare agli italiani a scrivere lettere di reclamo. Qui, ti insegnano a scriverle al corso di lingua per stranieri; i tedeschi ne scrivono centinaia all’anno. E ricevono risposta. Positiva.
Un consiglio agli aspiranti cervelli in fuga.
Chiedetevi se potete dimostrare le vostre competenze senza conoscere perfettamente la lingua del paese in cui decidete di trasferirvi. Preparatevi a ripetere che sì, siete italiani. Armatevi di pazienza. Se partite perché siete
impazienti, forse, vi conviene rimanere dove siete.
Ora puoi salutare la mamma.
Ciao Caro! Una cara amica che sta per diventare mamma e non vedo l’ora di abbracciarla!
Chi sei?
Giulia Tollis, 28 anni, italiana, drammaturga. Prima di partire per Berlino non immaginavo che la nazionalità di una persona potesse essere così importante, invece…
Da dove vieni?
Tarcento, “la perla del Friuli”. Quando a Berlino mi chiedono Woher kommst du?, rispondo dall’Italia, dal Nord-Est, non lontano dal confine con l’Austria e, allora, i tedeschi, sembrano capire. Prealpi Giulie, pioggia, gelsi in autunno come pugni chiusi verso il cielo, vino, sentieri, ciliegie a luglio per la sagra del Patrono.
Cosa fai?
Faccio l’ospite in un teatro di Berlino, Schaubühne am Lehniner Platz. Significa che da sei settimane seguo la produzione di uno spettacolo che debutterà nella prossima stagione. Assisto l’assistente del regista e intanto vedo come si lavora in uno dei teatri più importanti della città. Faccio la drammaturga a distanza per la compagnia milanese Teatro dei Gordi e, la drammaturga a chiamata, per altri gruppi indipendenti. Di tanto in tanto, leggo
e correggo testi di altri. Sono il capo di me stessa: libera e professionista.
Cosa fai per pagarti l’affitto?
Chiamo mio padre. Da contratto l’affitto si paga il 5 del mese, io, però, puntualmente, al 5 del mese di giugno, sto ancora aspettando il compenso del 5 del mese di maggio (dell’anno prima).
Gli svantaggi di essere i capi di se stessi.
Perché te ne sei andata a Berlino?
Per poter pagare l’affitto ogni 5 del mese facendo il mio mestiere. Quanti drammaturghi conoscete, in Italia, che si possono permettere uno stipendio onesto e puntuale? O forse la domanda è un’altra: quanti drammaturghi
conoscete? A Berlino, come in tutta la Germania, la drammaturgia è una professione. Non una passione. Il drammaturgo progetta, dispone, propone, impone. Gli attori lo conoscono e lo rispettano. Il regista lo conosce e lo rispetta. Le maestranze tutte lo conoscono e lo rispettano. Direziona le scelte artistiche di un teatro. Il suo nome compare in locandina e sul programma della stagione. Anche se il testo l’ha scritto qualcun altro. Un autore. Anche se l’autore è vivo, voglio dire. Esiste l’autore e esiste il drammaturgo. Il primo consegna un testo. Il secondo consegna un autore. Questo l’ho letto sui libri e l’ho sentito dire. Sono venuta qui ad accertarmi che sia vero.
Da lì, l’Italia come la vedi?
Dalla pagina online del Manifesto. Dai racconti degli amici su Skype. Da quelli, gli italiani, che arrivano qui sperando di trovare a Berlino la propria Eldorado. Vedo la necessità per la mia generazione di rimettere in discussione i pilastri su cui si fonda la nostra educazione: lavoro, casa, famiglia, e ancora, lavoro, casa, famiglia. Vedo che se non si fa della meritocrazia la regola e della fiducia abitudine, mia nipote, che oggi ha 15 anni, se la può scordare la possibilità di diventare quello che desidera.
Cos’è il teatro a Berlino?
E’ ausverkauft (tutto esaurito), è sottotitoli, per favorire la comunicazione, è biglietti agevolati per i disoccupati, è la birra che ti puoi portare in platea; è tanta carne al fuoco: è microfoni, è videoproiezioni, è danza, è performance, è testo, è senza testo, è polacco, francese, rumeno, ungherese, portoghese, belga, olandese, greco, cinese, africano… e italiano?
Hai quaranta parole per venderci il tuo prossimo progetto.
Voglio ideare e realizzare un tutorial per insegnare agli italiani a scrivere lettere di reclamo. Qui, ti insegnano a scriverle al corso di lingua per stranieri; i tedeschi ne scrivono centinaia all’anno. E ricevono risposta. Positiva.
Un consiglio agli aspiranti cervelli in fuga.
Chiedetevi se potete dimostrare le vostre competenze senza conoscere perfettamente la lingua del paese in cui decidete di trasferirvi. Preparatevi a ripetere che sì, siete italiani. Armatevi di pazienza. Se partite perché siete
impazienti, forse, vi conviene rimanere dove siete.
Ora puoi salutare la mamma.
Ciao Caro! Una cara amica che sta per diventare mamma e non vedo l’ora di abbracciarla!