
di Chiara Boscaro
Dopo la guerra delle investiture.
Dopo gli spargimenti di sangue sotterranei.
Dopo le conferenze stampa.
Sono uscite le stagioni dei grandi teatri milanesi (anche dei grandi teatri di altre città, ma that’s life) e io non ho nessun visone da mettermi. Sì, perché il grande teatro milanese si dice sia da impellicciati, ma in tempi di crisi di pellicce se ne vedono sempre meno. E io cosa mi metto alle prime? Quando prendo il biglietto last minute su Facebook fingendomi studentessa minorenne di un liceo teatrale che non esiste, anche se ho trent’anni. Quando non sapendo cosa mettermi punto sul pigiama di paillettes. Quando, non potendomi permettere l’aperitivo del bar del teatro, mi porto il Crodino da casa. Sfatiamo un mito. Andare a teatro non è snob. Non è inutile e incomprensibile. Non è noioso. Non richiede la terza laurea. Non ha controindicazioni scritte in piccolo.
Dove sta la gabola?
Basta saper scegliere.
Ecco i #musthave della stagione teatrale ’13-’14 come li presentano le testate nazionali, ma con quel qualcosa in più. I teatri non li cito perché se me ne dimentico qualcuno poi non lavoro più.
1. Pelliccia. Eddai… che quando l’appoggi sul sedile è pure capace che cade e quello dietro ci sbriciola sopra le patatine…
2. Biglietti. Io nel portafogli tengo una ventina di carte utili. Coop. Feltrinelli. Cral di vari comuni. Tessere di scuole di ogni ordine e grado. Ordine dei militari mutilati della prima guerra mondiale. Santino di Santa Teresa che non si sa mai. Pure la carta di credito c’ho, ma sta in fondo perché tanto non c’è una lira sopra. Basta informarsi, che in un teatro c’è il last minute, in un altro c’è Atrapalo (Atrapalo.it, da tenere sempre sott’occhio), in un altro l’offerta su Facebook, in un altro se vai in bici ti fanno lo sconto, se sei in dieci quello più basso entra gratis… è la legge del mercato, e il pubblico (TU) sei il premio.
3. Aperitivo. Prima. O cena. Dopo. È una delle gioie vere del teatro. Parlarne. Comincia a diventare realistico farlo anche in teatro. No, non portandosi il Crodino da casa. Al Bistrot Olinda dell’Elfo Puccini, ad esempio. O al kebabbaro dietro Teatro I.
4. Caramelle per la gola. L’indice di non gradimento di uno spettacolo è la tossettina persistente del vicino di poltrona. Offritegli una caramella. Gli interpreti ve ne saranno grati.
5. Programma di sala. Se lo leggete prima saprete tutto sul cugino della cognata del traduttore dell'autore del testo. Se lo leggete dopo è perché non avete capito una fava dello spettacolo. Sarà comunque utile per pareggiare quella gamba del tavolo che vi fa tanto dannare.
6. Festival. C’è quello di danza (Milanoltre). Quello cciofane (Uovo e Uovo Kids). Quello di puppetry (IF). Quello in casa (Stanze). Quello performing (Danae). Quello estivo (Da vicino nessuno è normale). Quello lavorativo (Prosa et Labora). Quello misto (Mixité). Quello indipendente (IT, che è diverso da IF). Ce ne sono anche altri. Ci piacciono. Punto.
7. Poltrona rossa. Di velluto. Concordo. Fa un po’ troppo vintage. Ce n’è tipo tre su venti. In dieci anni che vado a teatro mi sono seduta sul legno. Su delle poltroncine simil-aereo. Su un cuscino. Per terra. Su una seduta di design. Su un sasso. Su un pouf. Sulle ginocchia del vicino. Altro che Sex and the City.
8. L’accompagnatore. È importante. Le statistiche dicono che lo spettatore medio è donna, economicamente indipendente, di cultura medio-alta. Femmine, a voi mi rivolgo. Amiche. Compagne. Cittadine. Il teatro al primo appuntamento ci sta. A teatro ho visto corteggiamenti da bracciolo che neanche i Bonobo in Congo. Fidatevi. Mi ringrazierete.
9. Il rito collettivo. A messa non ci si va più. A votare non ci si va più. A lavorare non ci si va più. In ferie non ci si va più... Devo continuare?
10. Lo spettacolo. Last but not least. Da Milano la prossima stagione passerà un sacco di teatro figo, per dirla alla cciofane. Ariane Mnouchkine. Jan Fabre. Christoph Marthaler. Antonio Latella. Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Roberto Helitzka. E molti altri che se me li chiedete ve li dico tutti, molti bravi, molti comici, qualcuno giovane, ma se tiro ancora avanti con questo post l’editore mi caccia che sforo dal monitor…
Dopo la guerra delle investiture.
Dopo gli spargimenti di sangue sotterranei.
Dopo le conferenze stampa.
Sono uscite le stagioni dei grandi teatri milanesi (anche dei grandi teatri di altre città, ma that’s life) e io non ho nessun visone da mettermi. Sì, perché il grande teatro milanese si dice sia da impellicciati, ma in tempi di crisi di pellicce se ne vedono sempre meno. E io cosa mi metto alle prime? Quando prendo il biglietto last minute su Facebook fingendomi studentessa minorenne di un liceo teatrale che non esiste, anche se ho trent’anni. Quando non sapendo cosa mettermi punto sul pigiama di paillettes. Quando, non potendomi permettere l’aperitivo del bar del teatro, mi porto il Crodino da casa. Sfatiamo un mito. Andare a teatro non è snob. Non è inutile e incomprensibile. Non è noioso. Non richiede la terza laurea. Non ha controindicazioni scritte in piccolo.
Dove sta la gabola?
Basta saper scegliere.
Ecco i #musthave della stagione teatrale ’13-’14 come li presentano le testate nazionali, ma con quel qualcosa in più. I teatri non li cito perché se me ne dimentico qualcuno poi non lavoro più.
1. Pelliccia. Eddai… che quando l’appoggi sul sedile è pure capace che cade e quello dietro ci sbriciola sopra le patatine…
2. Biglietti. Io nel portafogli tengo una ventina di carte utili. Coop. Feltrinelli. Cral di vari comuni. Tessere di scuole di ogni ordine e grado. Ordine dei militari mutilati della prima guerra mondiale. Santino di Santa Teresa che non si sa mai. Pure la carta di credito c’ho, ma sta in fondo perché tanto non c’è una lira sopra. Basta informarsi, che in un teatro c’è il last minute, in un altro c’è Atrapalo (Atrapalo.it, da tenere sempre sott’occhio), in un altro l’offerta su Facebook, in un altro se vai in bici ti fanno lo sconto, se sei in dieci quello più basso entra gratis… è la legge del mercato, e il pubblico (TU) sei il premio.
3. Aperitivo. Prima. O cena. Dopo. È una delle gioie vere del teatro. Parlarne. Comincia a diventare realistico farlo anche in teatro. No, non portandosi il Crodino da casa. Al Bistrot Olinda dell’Elfo Puccini, ad esempio. O al kebabbaro dietro Teatro I.
4. Caramelle per la gola. L’indice di non gradimento di uno spettacolo è la tossettina persistente del vicino di poltrona. Offritegli una caramella. Gli interpreti ve ne saranno grati.
5. Programma di sala. Se lo leggete prima saprete tutto sul cugino della cognata del traduttore dell'autore del testo. Se lo leggete dopo è perché non avete capito una fava dello spettacolo. Sarà comunque utile per pareggiare quella gamba del tavolo che vi fa tanto dannare.
6. Festival. C’è quello di danza (Milanoltre). Quello cciofane (Uovo e Uovo Kids). Quello di puppetry (IF). Quello in casa (Stanze). Quello performing (Danae). Quello estivo (Da vicino nessuno è normale). Quello lavorativo (Prosa et Labora). Quello misto (Mixité). Quello indipendente (IT, che è diverso da IF). Ce ne sono anche altri. Ci piacciono. Punto.
7. Poltrona rossa. Di velluto. Concordo. Fa un po’ troppo vintage. Ce n’è tipo tre su venti. In dieci anni che vado a teatro mi sono seduta sul legno. Su delle poltroncine simil-aereo. Su un cuscino. Per terra. Su una seduta di design. Su un sasso. Su un pouf. Sulle ginocchia del vicino. Altro che Sex and the City.
8. L’accompagnatore. È importante. Le statistiche dicono che lo spettatore medio è donna, economicamente indipendente, di cultura medio-alta. Femmine, a voi mi rivolgo. Amiche. Compagne. Cittadine. Il teatro al primo appuntamento ci sta. A teatro ho visto corteggiamenti da bracciolo che neanche i Bonobo in Congo. Fidatevi. Mi ringrazierete.
9. Il rito collettivo. A messa non ci si va più. A votare non ci si va più. A lavorare non ci si va più. In ferie non ci si va più... Devo continuare?
10. Lo spettacolo. Last but not least. Da Milano la prossima stagione passerà un sacco di teatro figo, per dirla alla cciofane. Ariane Mnouchkine. Jan Fabre. Christoph Marthaler. Antonio Latella. Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Roberto Helitzka. E molti altri che se me li chiedete ve li dico tutti, molti bravi, molti comici, qualcuno giovane, ma se tiro ancora avanti con questo post l’editore mi caccia che sforo dal monitor…