
“UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO” NON è UNA CANZONE DI CELENTANO
Giorni fa passavo dalla stazione Centrale di Milano, dove probabilmente Adriano Celentano in gioventù vedeva passare “ il treno dei desideri” che, nei suoi pensieri, andava all’ incontrario.
Ma una quindicina di anni prima che Adriano pubblicasse la canzone “Azzurro”, in America Tennesse Williams scriveva un testo teatrale dal titolo altrettanto onirico, ovvero “Un tram che si chiama desiderio”: ebbene proprio in questi giorni il tram di Williams, con la regia di Antonio Latella, passa proprio da Milano, al Piccolo Teatro di via Rovello. Ed è bello immaginare che voglia rendere simbolicamente omaggio a uno dei nostri più grandi cantautori. Ma il tram di Williams va veramente all’ incontrario, come ci va pure la regia di Latella. Andiamo per gradi.
La vicenda di questo straordinario testo è molto sofferta e tutt’ altro che trasognata, anzi cruda più che mai: è la storia di una donna, Blanche, che dopo un matrimonio colato a picco (lui era gay) e una vita tutt’ altro che dignitosa, va a trovare la sorella minore, Stella, a New Orleans. Stella aspetta un bambino e vive con un uomo, Stanley Kowalsky, alquanto rude e ignorante, oltre che violento. I continui litigi di Stanley con Stella, la violenza domestica quotidiana che si respira in quella casa, fanno impazzire Blanche, che prima di andarsene, non può fare a meno di cedere al fascino dell’ uomo di casa. L’ ultimo atto prima di finire in un manicomio.
Quindi il tram di Williams, che si chiama desiderio, sembra andare davvero all’ incontrario, verso il baratro, verso un punto di non ritorno.
E anche il taglio registico che Antonio Latella dà a tutto lo spettacolo è, come si dice, “a gambero”. Infatti il punto di partenza è proprio il finale, ovvero l’ analisi che lo psichiatra fa di Blanche al manicomio.
Il desiderio estetico del regista sembra invece legato alla nostalgia del mito di Marlon Brando e del cinema americano degli anno ’50, ai quali lo spettacolo si riferisce di continuo: gli attori si muovono in una scenografia fatta di oggetti di scena accompagnati dal relativo faro cinematografico, in un labirinto di luci, microfoni e cavi. Il risultato è alquanto straniante, poiché la vicenda, recitata in modo naturalistico, finisce per essere ambientata in un set onirico, nel quale il letto è bucato da una luce led, su tavolino c’ è un enorme sagomatore, la vasca da bagno è confezionata da una carta traslucida . Insomma pare che da un momento all’ altro entreranno Marlon Brando e Vivien Leigh, mentre dietro le quinte Elia Kazan gli lancia delle indicazioni, durante le riprese dell’ omonimo film del ’51.
Ma loro non ci sono, compaiono invece i loro alter ego del teatro italiano moderno: dei meravigliosi attori come Laura Marinoni, Vinicio Marchioni ed Elisabetta Valgoi.
E non li fanno rimpiangere, anzi viaggiano con maestria e consapevolezza sulle note amare e violente del testo, incarnando alla perfezione i suoi immensi personaggi. La magia del teatro è proprio questa, far rivivere delle parole scritte, a patto che esse siano immortali.
Se le parole del testo sono delle rotaie , il tram di Williams/Latella si chiama desiderio di vivere, di ritornare all’ origine dei sentimenti , di abbattere i muri sociali e culturali, di risvegliare in chi osserva quel senso catartico , quella purificazione dell’ anima che solo l’ Arte può operare.
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Questo Ronconi mi ha messo il "Panico"
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Ma una quindicina di anni prima che Adriano pubblicasse la canzone “Azzurro”, in America Tennesse Williams scriveva un testo teatrale dal titolo altrettanto onirico, ovvero “Un tram che si chiama desiderio”: ebbene proprio in questi giorni il tram di Williams, con la regia di Antonio Latella, passa proprio da Milano, al Piccolo Teatro di via Rovello. Ed è bello immaginare che voglia rendere simbolicamente omaggio a uno dei nostri più grandi cantautori. Ma il tram di Williams va veramente all’ incontrario, come ci va pure la regia di Latella. Andiamo per gradi.
La vicenda di questo straordinario testo è molto sofferta e tutt’ altro che trasognata, anzi cruda più che mai: è la storia di una donna, Blanche, che dopo un matrimonio colato a picco (lui era gay) e una vita tutt’ altro che dignitosa, va a trovare la sorella minore, Stella, a New Orleans. Stella aspetta un bambino e vive con un uomo, Stanley Kowalsky, alquanto rude e ignorante, oltre che violento. I continui litigi di Stanley con Stella, la violenza domestica quotidiana che si respira in quella casa, fanno impazzire Blanche, che prima di andarsene, non può fare a meno di cedere al fascino dell’ uomo di casa. L’ ultimo atto prima di finire in un manicomio.
Quindi il tram di Williams, che si chiama desiderio, sembra andare davvero all’ incontrario, verso il baratro, verso un punto di non ritorno.
E anche il taglio registico che Antonio Latella dà a tutto lo spettacolo è, come si dice, “a gambero”. Infatti il punto di partenza è proprio il finale, ovvero l’ analisi che lo psichiatra fa di Blanche al manicomio.
Il desiderio estetico del regista sembra invece legato alla nostalgia del mito di Marlon Brando e del cinema americano degli anno ’50, ai quali lo spettacolo si riferisce di continuo: gli attori si muovono in una scenografia fatta di oggetti di scena accompagnati dal relativo faro cinematografico, in un labirinto di luci, microfoni e cavi. Il risultato è alquanto straniante, poiché la vicenda, recitata in modo naturalistico, finisce per essere ambientata in un set onirico, nel quale il letto è bucato da una luce led, su tavolino c’ è un enorme sagomatore, la vasca da bagno è confezionata da una carta traslucida . Insomma pare che da un momento all’ altro entreranno Marlon Brando e Vivien Leigh, mentre dietro le quinte Elia Kazan gli lancia delle indicazioni, durante le riprese dell’ omonimo film del ’51.
Ma loro non ci sono, compaiono invece i loro alter ego del teatro italiano moderno: dei meravigliosi attori come Laura Marinoni, Vinicio Marchioni ed Elisabetta Valgoi.
E non li fanno rimpiangere, anzi viaggiano con maestria e consapevolezza sulle note amare e violente del testo, incarnando alla perfezione i suoi immensi personaggi. La magia del teatro è proprio questa, far rivivere delle parole scritte, a patto che esse siano immortali.
Se le parole del testo sono delle rotaie , il tram di Williams/Latella si chiama desiderio di vivere, di ritornare all’ origine dei sentimenti , di abbattere i muri sociali e culturali, di risvegliare in chi osserva quel senso catartico , quella purificazione dell’ anima che solo l’ Arte può operare.
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